Nuova Direttiva (UE) 2019/1158: la ratio e le principali novità introdotte in Italia con il D. Lgs. n. 105/2022

22 Dicembre 2022

Le ultime previsioni in tema di bilanciamento degli equilibri della vita lavorativa e personale sono giunti al vaglio del Consiglio dei Ministri, chiamato all’attuazione della Direttiva europea n. 2019/1158 entro la scorsa estate. Di grande rilievo soprattutto l’attenzione posta dal legislatore sui congedi parentali e, segnatamente, su quelli riconosciuti ai padri lavoratori e alle madri che siano lavoratrici autonome.

In considerazione di alcuni principi fondamentali su cui l’Unione europea fonda e basa il proprio operato (parità tra uomini e donne, diritto alla tutela dal licenziamento per motivi legati alla maternità, diritti dei fanciulli e delle persone con disabilità), il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno adottato la Direttiva, datata 20 giugno 2019, “relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio”, il cui testo è stato raggiunto anche all’esito di una consultazione con le parti sociali “sulle sfide legate all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare”, la quale ha prodotto un accordo da utilizzare come schema-quadro per le previsioni che saranno poi adottate dai singoli Stati membri in ossequio alla Direttiva in esame.   

I “considerando” della Direttiva in argomento (i.e., brevi premesse al testo normativo) sono indicativi delle motivazioni che hanno portato le Istituzioni europee ad adottarne il contenuto; in particolare, è in questa parte che viene suggerito agli Stati membri di tenere in considerazione, al momento della sua applicazione a livello nazionale, che molti lavoratori padri declinino il ricorso ai congedi loro offerti in forza del conseguente minor guadagno, nonché della difficoltà di un futuro ritorno nel medesimo posto lasciato prima della nascita della propria prole. In questo senso, è specificatamente chiarito che le previsioni di cui alla Direttiva in esame e, segnatamente, quelle relative al congedo di paternità, sono studiate in modo da andare a vantaggio di quest’ultima figura, così da impedire la possibilità che sia uno dei due genitori ad usufruire maggiormente di un periodo addizionale di congedo.

Ancora, nella Direttiva viene specificato come l’elemento di parità di fruizione dei congedi tra uomini e donne dipenda, altresì, da numerosi fattori quali, ad esempio, “l’offerta di servizi accessibili e a prezzi contenuti per la custodia dei bambini e l’assistenza a lungo termine, cruciali per consentire” un più agevolato ritorno sul posto di lavoro.

Inoltre, pur chiarendo che saranno i singoli Stati membri, a livello nazionale, a stabilire e definire  i concetti di stato civile e di famiglia, nonché chi e perché debba essere considerato “genitore” o “madre” o “padre”, nel testo della Direttiva viene comunque incoraggiata un più equa ripartizione delle responsabilità e la possibilità di usufruire di tempi maggiori durante i quali sia privilegiata l’instaurazione del legame tra padre e figlio o, in ogni caso, in favore di un secondo genitore equivalente.

Ancora, tra i punti in premessa che la Direttiva richiama e che vale la pena riportare in questa sede, viene altresì chiarito come gli Stati membri siano chiamati a stabilire un livello per la retribuzione o l’indennità in relazione all’assenza dovuta alla nascita/adozione di un figlio pari, almeno, a quello previsto, a livello nazionale, in caso di malattia.

È, infine, richiamata una generale necessità di valutazione del singolo Stato all’adattamento delle condizioni di lavoro flessibili alle esigenze particolari di determinate categorie di lavoratori (genitori soli, adottivi, di figli con disabilità o malattie a lungo decorso o, comunque, genitori in circostanze particolari, come i parti multipli e/o prematuri).

Alla luce di quanto sinora detto, il testo della Direttiva si prefigge un alto livello di pragmatismo e di vicinanza alle circostanze fattuali dei lavoratori destinatari dei relativi provvedimenti.

Il decreto attuativo della Direttiva testé citata è stato approvato, nella versione definitiva del suo testo, in occasione della seduta del Consiglio dei Ministri tenutasi il 22 giugno 2022. A seguito di tale occorrenza, i rappresentati dei diversi Ministeri hanno approvato varie novità, con specifico riferimento, inter alia, ai congedi parentali (in particolare, nei confronti dei padri lavoratori e anche delle madri lavoratrici autonome).

Più nel dettaglio, la nuova disciplina – pubblicata nel D. Lgs. n. 105/2022 in Gazzetta Ufficiale durante lo scorso mese di agosto – prevede un trattamento di miglior favore nei confronti dei lavoratori con figli. In particolare, l’art. 27-bis del nuovo Decreto ha introdotto il congedo di paternità obbligatorio della durata di 10 giorni lavorativi, indennizzati al 100% rispetto alla retribuzione normalmente percepita. Esso sarà fruibile a partire dai due mesi antecedenti la presunta data del parto e sino al quinto mese successivo; inoltre, la sua durata è stata raddoppiata a 20 giorni lavorativi nei casi di parto plurimo.

Per quanto riguarda i congedi parentali, è riconosciuto dal rinnovato articolo 34 del D. Lgs. n. 151/2001, un trattamento economico pari all’indennità del 30% della retribuzione e sino al 12° anno di età del bambino, il quale avrà una durata complessiva massima di nove mesi, di cui tre riservati in esclusiva alla madre, tre al padre (tutti reciprocamente non trasferibili), oltre ad ulteriori tre mesi, fruibili in modo alternativo da entrambi i genitori.

I limiti massimi di utilizzo del congedo parentale, previsti dall’articolo 32 del D. Lgs. n. 151/2001, rimangono invece fissati in sei mesi per ciascun genitore (elevabili a sette per il padre, con utilizzo dei residui quattro da parte della madre) e in dieci mesi complessivi (undici se il padre ne ha utilizzati almeno tre). L’estensione riguarda anche il genitore solo, che potrà fruire del congedo parentale per massimo undici mesi, per nove dei quali avrà diritto all’indennità del 30% della norma retribuzione percepita.  

Per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori autonomi, il novellato art. 69 del D. Lgs. n. 151/2001 ha previsto, anche in favore dei padri, un congedo parentale di nove mesi; di questi, a ciascun genitore ne sono riconosciuti tre (che restano non trasferibili), mentre ulteriori tre mesi saranno fruibili alternativamente tra il padre e la madre, entro l’anno di vita del bambino.   

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