Perché un contratto sia valido ed efficace, è necessaria la soddisfazione di determinati requisiti, tra i quali quello relativo alla forma dell’accordo. Con particolare riferimento al contratto che regoli un rapporto di lavoro caratterizzato da elementi di transnazionalità, le cose possono complicarsi. Di seguito, una breve disamina degli accorgimenti più rilevanti da tenere in considerazione. Perché in Italia un contratto di lavoro sia considerato valido e produttivo di effetti, la legge non prevede, in linea generale, la necessità di una forma scritta delle relative condizioni, ben potendosi costituire un rapporto di lavoro anche per facta concludentia da parte di ciascun soggetto coinvolto. Tuttavia, ai sensi della L. n. 152/1992 – recentemente modificata dal D. Lgs. n. 104/2022 (c.d. “Decreto Trasparenza”) – è necessario che alcune clausole che definiscono determinati aspetti del rapporto lavorativo siano indicate per iscritto e sottoscritte da entrambe le parti. In via esemplificativa, elementi quali l’identità delle parti, il luogo di lavoro, l’inquadramento, la qualifica e il livello del lavoratore, nonché la data di inizio del rapporto e la sua natura, devono tutti potersi desumere da un documento scritto su cui sia apposta la firma degli interessati e che il datore di lavoro ha l’obbligo di custodire fino a cinque anni dopo la cessazione del relativo rapporto. Oltre che in relazione agli obblighi meramente informativi, vi sono delle pattuizioni che, se concluse tra il datore di lavoro e il lavoratore, devono espressamente essere indicate nella contrattazione di riferimento ai fini della validità delle stesse. Per esempio, è il caso in cui sia previsto un periodo di prova: il c.d. “patto di prova”, se non inserito (con specifica indicazione delle mansioni assegnate al dipendente durante tale periodo) è da considerarsi nullo, con la conseguenza che l’eventuale risoluzione del rapporto di lavoro operata in relazione allo stesso non sarebbe legittima. Al riguardo, le previsioni di legge italiane in merito ai requisiti di firma tendono a essere particolarmente stringenti. In particolare, quando necessario nei termini sopra accennati, il lavoratore può esprimere il proprio assenso esclusivamente attraverso la propria sottoscrizione autografa o una firma digitale dotata di valore legale. Va da sé che, a differenza di quanto accade in altre giurisdizioni, le già menzionate formalità non consentano alle parti di esprimere il proprio accordo tramite il mero scambio di una e-mail o della scansione di un documento non firmato digitalmente da entrambe le parti. Il mancato rispetto di quanto precede, oltre alle sanzioni applicabili in caso di non ottemperanze dei menzionati obblighi informativi, potrebbe condurre alla contestazione di una delle parti della validità dell’intero documento.