Non sempre l’importo indicato nella busta paga rilasciata di mese in mese ai dipendenti è il medesimo. Ciò, è dovuto al fatto che la relativa retribuzione è composta da diversi elementi che possono cambiare nei vari periodi di riferimento, tra cui – per motivi diversi – anche la quantità di ore di lavoro effettivamente eseguite. Soprattutto quando il numero dei lavoratori è particolarmente alto, riuscire a rilevare correttamente tale dato può diventare complesso: per questo motivo, il datore di lavoro dovrebbe munirsi di strumenti specifici dotati di particolari caratteristiche. In Italia non esiste, al momento, una normativa specificatamente dedicata alla modalità di rilevazione delle presenze dei dipendenti all’interno del luogo di lavoro, nonché della tenuta delle relative annotazioni. L’unico strumento che possa dirsi in grado di soddisfare le necessità di registrazione delle ore effettivamente lavorate dai singoli dipendenti e, più in generale, capace di offrire una fotografia fedele della quotidianità aziendale è il “Libro Unico del Lavoro” (LUL). Il LUL, istituito nel 2008, è uno strumento obbligatorio per tutti i datori di lavoro privato (con alcune eccezioni quali, ad esempio, le PP.AA. e i datori di lavoro di tipo domestico), nel quale vanno inserite annotazioni relative ai singoli dipendenti e alle attività interne aziendali. Tra queste, figura anche l’onere di riportare un calendario, per ciascun mese di riferimento, che indichi il numero delle ore eseguite dai lavoratori subordinati, comprese quelle eventualmente rese a titolo di straordinario, di assenza non retribuita, nonché possibili ferie e permessi utilizzati dai dipendenti. Nonostante l’obbligatorietà del LUL, nonché la tassatività delle informazioni che esso debba contenere e delle scadenze da rispettare – la relativa compilazione, infatti, deve avvenire su base mensile – esso, a ben vedere, sembrerebbe non soddisfare tutti i requisiti necessari ad assicurare, in maniera puntuale e oggettiva, la rendicontazione quotidiana delle ore (lavorate e non) dai singoli dipendenti di una società. Infatti, quando la Corte di Giustizia europea (C-55/18) è stata chiamata ad esprimersi sul tema, su richiesta di un sindacato spagnolo che ha sollevato la necessità che una banca, in qualità di datrice di lavoro, si munisse di un sistema di rilevazione delle presenze chiaro e oggettivo, i giudici comunitari hanno colto l’occasione per definire le caratteristiche di uno strumento valido a tali fini. Nella sentenza del 14 maggio 2019, con la quale la CGUE ha deciso sul tema, quest’ultima ha preso in considerazione le previsioni di cui alla Direttiva 2003/88, che ha come obiettivo quello di fissare prescrizioni minime destinate a tutelare i diritti dei lavoratori a migliori condizioni di vita e di lavoro mediante un ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti la durata dell’orario di lavoro. In particolare, stabiliscono i giudici, “una normativa nazionale che non preveda l’obbligo di ricorrere a uno strumento che consente di stabilire con oggettività e affidabilità il numero di ore di lavoro giornaliero e settimanale non è idonea a garantire, l’effetto utile dei [menzionati] diritti […] poiché essa priva sia i datori di lavoro sia i lavoratori della possibilità di verificare se tali diritti sono rispettati e può quindi compromettere l’obiettivo di detta direttiva consistente nel garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori”. All’esito della breve disamina che precede, è bene sottolineare come, a oggi, il legislatore italiano non abbia ancora provveduto a definire l’obbligo, individuato a livello europeo, di un sistema di rilevazione delle presenze che soddisfi tutti i requisiti della pronuncia del 2019. Pertanto, almeno fino a che le istituzioni italiane o europee non riterranno necessario adottare atti legislativi che prevedano espressamente l’adozione di soluzioni tecniche specifiche a tale problema (capaci anche di regolare le nuove modalità di esecuzione dell’attività lavorativa come, ad esempio, lo smart-working), il LUL rimarrà l’unico strumento, a livello nazionale, utile alla rilevazione della presenza dei lavoratori.